Petros è uno di quegli artisti che riescono a stimolare la fantasia dei poeti senza sopraffazioni, anzi a intrecciare le sue immagini con quelle della poesia (con un certo tipo di poesia), a integrarle, fino a risultati per i quali potrebbe venire in mente che in un suo quadro non c'è mai una sola persona che sogna o ci racconta il sogno. Oppure come se lui, Petros, riuscisse tutte le volte a registrare insieme al suo sogno, alla sua visione, frammenti vagabondi di sogni lasciati in giro da altri, dimenticati, e rimessi insieme con una lucidità inattesa, con una logica inspiegabile. Perché nella sua pittura Petros sembra agire per accumulo, per stratificazione, mostrando la convergenza di tutte le differenze individuali in una unità che gli diventa per forza una rappresentazione di tutte le metamorfosi possibili.
Il suo spazio, che osservato a distanza potrebbe anche rassomigliare a un impasto informale, ci si accorge con più attenzione che è una specie di deposito degli oggetti più disparati e inconciliabili, tutti in movimento, e tutti disposti ad accogliere in se stessi qualcuno dei particolari che caratterizzano gli oggetti più vicini. È stato un poeta come Raffaele Carrieri a mettere in luce fra i primi estimatori di Petros i congegni interni di questa pittura, che ci costringe a prendere atto che "facciamo parte attiva del medesimo sistema che mescola le pietre ai liquidi" le parvenze alle assenze, le emozioni alle azioni... Sono un'aragosta, un verme, una lattuga, una stella, una goccia d'acqua?".
Poi nell'immaginario di Petros sono entrati altri suggerimenti, altri poeti, Ritsos, Elitis, Saint-John Perse, ma soprattutto quel coacervo di filosofia, scienza, magia, poesia, che fu il pensiero dei presocratici.
Maturato nel clima dell'informale ma lavorando in un'area post-surrealista in modo molto vicino alle esperienze di artisti come Matta, Lam, forse Brauner, forse la Carrington, Petros non ha mai desistito di fronte alla possibilità di fissare forme esatte malgrado l'evidenza della loro fuggevolezza. Nelle sue ultime opere è lo scontro fra il desiderio di far precipitare tutto nella luce, e l'esigenza di tracciare con chiarezza i contorni di tutto ciò che sarà destinato a precipitare, a provocare una visione di grande suggestione estatica. Segno e colore sono i suoi strumenti di mediazione, sul confine difficile, non di separazione ma di incontro, verso il quale convergono le cose della natura, con tutta la loro energia organica, e le passioni oscure della psiche.
Credo davvero che sia venuto il momento di rileggere Petros, anzi vorrei dire la sua fede nella forza di rivelazione dell'arte, in un momento, come questo, di perplessità sulle ragioni ultime di una creatività indagatrice e silenziosa.
Giugno 1994
Gianni Schubert